Il Complesso Immobiliare, collocato in posizione strategica in pieno nucleo storico, definisce l’isolato compreso tra piazza Edison, via della Posta, via Bocchetto e via Santa Maria Fulcorina, all’interno di un comparto edilizio che ospita alcuni dei più importanti istituti bancari e finanziari di Milano (come la Borsa Valori e la Banca d’Italia).
La sua forma trapezoidale a corte ha una particolare valenza simbolica: è la quinta che chiude la prospettiva della via da Piazza Cordusio, con un elevato composto da sei livelli fuori terra (più altri due sul fronte su piazza Edison), e il suo affaccio privilegiato su piazza Edison lo rendono uno dei luoghi cerniera di questa parte della città, per la relazione che stabilisce tra un tessuto storico denso e compatto e la zona direzionale contraddistinta da isolati a blocco monofunzionale, mantenendo nel tempo la sua importante funzione di sede di rappresentanza. Le alte facciate, che si levano dal piano stradale per un’altezza di 26m e salgono fino a 40m nell’avancorpo, sono rivestite in lastre di pietra d’Istria bocciardata bianca su un basamento in lastre di granito di Sardegna che seguono un ritmo regolare e geometrico, Il fronte principale, concavo verso piazza Edison, in corrispondenza dei piani terra e primo evidenzia un porticato sorretto da colonne a base rettangolare.
La costruzione dell’edificio si inserisce nell’ambito delle “sostituzioni edilizie” avviate già a fine Ottocento dal Piano Beruto e proseguite durante il Regime Fascista che prevedevano un riordino urbano attraverso interventi di sfoltimento dell’abitato, ampliamento delle strade già esistenti e realizzazione di nuove piazze che conferissero al centro storico un carattere monumentale, adeguato al ruolo di centro finanziario. All’interno di questi interventi, per l’isolato in questione viene attuata la demolizione della Banca Jarach, un edificio in cemento e ferro con ornati floreali realizzato da Achille Manfredini.
Definisce, con la sua alta e stretta facciata, che si leva dal piano stradale per un’altezza di 26m e sale fino a 40m nell’avancorpo, tramite una struttura intelaiata in cemento armato gettato in opera ed una copertura piana, il profilo di una cortina uniforme affermando la sua monumentalità attraverso i rivestimenti delle facciate in lastre di pietra d’Istria bocciardata bianca su un basamento in lastre di granito di Sardegna e riflettendo allo stesso tempo, per il suo sviluppo lineare e privo di decori, un chiaro esempio di architettura di regime.
L’edificio, pur nelle difficoltà legate allo scoppio imminente dei bombardamenti, riesce a portare a compimento il suo grandioso progetto. Lo stato di guerra imponeva infatti una serie di limitazioni all’attività edilizia, primo fra tutti il blocco dei prezzi delle merci e dei servizi, soprattutto per quelle costruzioni che richiedevano impiego di ferro, cemento e altri materiali non autarchici (decreto 19.6.40, n. 953).
Il lotto a spicchio, molto rastremato verso la piazza Edison, risultava di difficile soluzione e inevitabilmente determinò la composizione architettonica del fabbricato: quattro piani interrati, tre ali di sei livelli che vanno a definire un grande triangolo, completate dal corpo di testa su piazza Edison a otto livelli. Il disegno delle facciate segue un ritmo regolare e geometrico, privo di ornamenti e arricchito soltanto da cornici e da un bassorilievo sulla facciata (la già menzionata lupa capitolina) nonché da due altorilievi, entrambi opera dello scultore Geminiano Cibau: uno sulla via Bocchetto (rappresentante la Dea Roma) e uno su via della Posta (rappresentante Sant’Ambrogio). Il fronte concavo verso piazza Edison, in corrispondenza dei piani terra e primo è caratterizzato da un porticato, delimitato da una fascia marcapiano aggettante che corre lungo tutto il perimetro dell’edificio.
Il nuovo edificio fu costruito su progetto dell’arch. Cesare Scoccimarro (Udine 1897-Roma 1953) (figura di spicco del panorama architettonico dell’epoca) con la collaborazione dell’ing. Aldo Molteni tra il 1938 e il 1941 per la realizzazione della Sede del Banco di Roma, tanto da essere oggetto di un articolo dedicato sulla rivista “Edilizia Moderna nel 1942”, dove viene elogiata la modernita anche in funzione delle le numerose installazioni tecnico impiantistiche.
I lavori di ristrutturazione, iniziati nel 2014 sono terminati nel 2017; dettagli nella scheda tecnica allegata